Cercano cultura non solo spiritualità
La ricerca che la Fondazione Età Grande ha commissionato a Ipsos per cominciare ad approfondire il legame tra le diocesi italiane e la pastorale per gli anziani coglie una novità, sotto gli occhi di tutti: Francesco è il primo Papa che ha dedicato ben 18 catechesi al tema del tempo della vecchiaia e al ruolo degli anziani nella società e nella Chiesa. Un magistero, arricchito da tanti altri gesti e parole, che risalta per profondità e originalità mentre mostra la capacità di Francesco di cogliere un evidente segno dei tempi. Una ricca riflessione che non può andare sprecata. La Fondazione Età Grande nasce per questo: sostenere e aiutare la Chiesa a elaborare ed offrire una cultura sulla vecchiaia, un pensiero profondo ed efficace su cosa significhi diventare anziano nella società insidiata dalla cultura dello scarto.
Se già è impresa ardua per un giovane immaginare il futuro, tra paure e incertezze, figuriamoci per una persona che inizia quello che oggi può rappresentare un lungo arco di tempo, dopo la pensione. La parola futuro mette tale ansia che qualcuno, come ad esorcizzarlo, l’ha rinominato il dopo del presente, come riporta Stefania Andreoli nel suo Perfetti o infelici. I dati elaborati da Ipsos ci offrono il quadro di un mondo molto differenziato al suo interno e l’urgenza di dare a questo tempo lungo un senso e un valore che, una volta in pensione, sembriamo come smarrire. La ricerca Pastorale della Terza Età: opinioni e vissuti delle diocesi apre un primo, significativo seppur parziale squarcio sulla relazione tra la Chiesa in Italia e la pastorale degli anziani.
Non è senza significato che sulle 134 diocesi che risultano avere una pastorale dedicata al tema, ben 78 la inseriscano all’interno della pastorale della salute. Vecchiaia come malattia. Solo 6 hanno preso la decisione di darle il nome che le spetta: pastorale degli anziani. In effetti, alla domanda su come definire l’anzianità, le risposte più comuni sono state: l’età in cui non si hanno più energie per vivere a pieno la propria vita e l’età in cui viene meno l’autonomia e subentra l’esigenza di assistenza continua. Si avverte così, da una parte, l’esigenza di maggior coraggio e visione nell’interpretare il sempre più lungo ultimo tratto di vita non solo come una sorta di infermità ma come una stagione della vita in cui portare frutti e a cui la Chiesa dedichi apposite attenzioni come fa con le ben più diffuse e implementate pastorali giovanili.
Dall’altra, la prospettiva cristiana non può certo eludere la domanda di sostegno, di compagnia, di assistenza e di offerta di senso al tempo della fragilità. Francesco ha parlato, a questo proposito, di un magistero della fragilità, profetico in una società che invece vuole nascondere o eliminare la debolezza. Che vuole correre ma non sostare, rallentare. In una catechesi ha detto: «Siamo tutti tentati di nascondere la nostra vulnerabilità, di nascondere la nostra malattia, la nostra età, la nostra vecchiaia, perché temiamo che siano l’anticamera della nostra perdita di dignità».
Colpisce un dato, nell’inchiesta Ipsos. «Se gli anziani smettessero di fare volontariato nelle parrocchie e nelle associazioni religiose molte attività rischierebbero di sparire». Con questa affermazione sono totalmente o abbastanza d’accordo il 95% degli intervistati. Un dato che mostra la fondamentale ricchezza e la vitalità di un intero popolo che frequenta le nostre chiese. Dal quale, però, sembra emergere stando all’inchiesta una felice esigenza.
Alla domanda, infatti, su cosa una buona pastorale per gli anziani dovrebbe concentrarsi, il 72% risponde: l’ambito culturale. Perché secondo l’83%, quello spirituale è già ampiamente coperto.
Insomma: non è la Messa a mancare. Un divario, quello tra lo spirituale e il culturale che evidentemente non riguarda solo gli anziani ma che pare urgente cominciare a colmare. Una fede che non sappia diventare capacità di lettura dei tempi e risposta alle domande profonde sul senso del vivere, del tempo, dell’ammalarsi e del morire non accontenta nessuno, tanto meno i nuovi anziani che avevano vent’anni nei ruggenti ma piuttosto secolarizzati anni ’80 dello scorso secolo. Dopo la Messa e il Rosario, gli anziani cercano, evidentemente, anche altro. Un’ottima notizia su cui investire.
Autore: Riccardo Mensuali